Giravo l'altro giorno in libreria, curiosando fra prodotti così antiquati, così vetusti e démodé come i libri in formato cartaceo - vi ricordate quegli inutili antenati degli ebook? - così squallidi nell'essere trattati come semplice merce da sbattere in vetrina, da farmi venire il magone, quando m'è finito sotto l'occhio questo tomo, ficcato fra tanti altri dai colori pastello nel settore poppanti.
«Chi me l'ha fatta in testa?» è una frase che ho reso mia ancora prima di avvicinarmi al libro e di aprirne le pagine. Già, in questi tempi così oscuri, labirintici e talposi, chi è che me l'ha... ecc. ecc.
Ho letto il libro di Werner Holzwarth (dalla prima all'ultima pagina) dentro la Feltrinelli di Bologna. Non voglio dire che non avessi i soldini per acquistarlo, piuttosto che, una volta abituatomi alla puzza e alla cacca, m'è partita la pruderia, la voglia, quasi il bisogno di averne ancora, oltreché quello di sapere chi fosse il colpevole del turpe crimine. Corpo e anima. Mystero e finitudine. Il giallo misto al marrone in questa nostra vitaccia che a volte non va nè su nè giù. Ho cercato di non ridere mentre le indagini del signor la Talpa si svolgevano davanti a me in un rebus di inarrestabile scatologia. Quando poi alla fine il miope detective ha scoperto il colpevole e s'e vendicato, beh, ho lanciato quasi un urlo di giubilio... ho alzato gli occhi e mi sono reso conto di essere diventato lo zimbello della libreria. Chissà quanto ho riso. O forse era l'espressione ebete, estatica, dipinta sulla mia faccia. O il fatto che un adulto si fosse seduto su una pila di libri con una favola in mano snobbando Volo e Camilleri e Ammaniti. Oppure che alla gente la cacca piace, ma non ha il coraggio di toccarla, allora la relega a interesse per piccoli selvaggi.